autore del mese

Questa rubrica vuole dare visibilità agli autori che hanno partecipato ai bandi di Confini e sono stati segnalati dalla giuria. Riteniamo siano tutti lavori meritevoli e crediamo importante dare loro visibilità.

marzo     2016

febbraio  2016

 
Milano come materia della memoria e del vissuto personale. Il punto di partenza delle Nuove Vedute è proprio la riscoperta di un’esperienza intima e un progetto fotografico che varcando le porte della città, soglia misterica verso qualcosa di ancestrale, coniuga vecchio e nuovo, centro e periferia. L’astrazione quasi metafisica, risultato impressionistico che è il frutto della sovrapposizione tra il topos della città e la materia di cui è costruita (intonaci di muri, il marmo di Candoglia, la superficie bronzea di una lapide del Monumentale). Le Porte, i monumenti, i luoghi di una Milano che così non si è mai scorta eppure è lì mentre frettolosamente ci passiamo accanto. La Memoria, intrecciata con il fitto reticolo dei fili elettrici, delle linee di alimentazione dei tram, dei sintomi di una contemporaneità che non stravolge ma completa un quadro nuovo di un luogo che possiamo ancora amare. Che dobbiamo ancora abbracciare con lo sguardo, e rivivere nell’incanto di un nuovo racconto per immagini e sensazioni....segue
 

 

gennaio 2016

Davide Monciatti  "On Land"

 

Silenziose astronavi, appena atterrate su una terra desolata. Brevi paradisi di luce affondati nella notte.
Paesaggi, vere e proprie still life, che fermano il tempo in uno stato di grazia: supermercati, negozi, centri commerciali, distributori di benzina, colti nelle ore del sonno che ad essi restituiscono invece una forma anomala di vita. Isole luminose nel buio di parcheggi e marciapiedi deserti, quasi a dimenticare la folla, il rumore, il viavai, gli affanni dell’intenso giorno, ad affrancarsi dall’icona consumistica che li rappresenta.
E se queste architetture – redente dalla propria identità funzionale – diventano non-luoghi appoggiati in uno spazio mai georeferenziabile, contemporaneamente ritrovano la loro dignità estetica in una dimensione monumentale e straniante, entro un silenzio di solitudine e incomunicabilità. ...segue

 

dicembre 2015

Elisabetta Pizzichetti "Nude"

 

Nel mio lavoro ho voluto dare espressione al corpo nudo in quanto fisicità non necessariamente erotica, ma piuttosto in quanto forma naturale tra altre forme.

Tecnicamente si tratta di foto (scatti e autoscatti) stampate su supporto trasparente e giustapposte o sovrapposte in successione, attraverso colate di resina racchiuse in box. Questo procedimento mi ha permesso di creare profondità e prospettiva, mantenendo una dimensione artigianale dell'elaborazione fotografica, che è l'essenza del mio progetto.

 

novembre 2015

Enza Verzi "Mamma racconta"

 

I pomeriggi senza scuola erano scanditi dall'osservazione ripetuta delle immagini delle brevi favole illustrate che trovavo sui fascicoli periodici di "Mamma Racconta". Quelle figurine per me così speciali sono conservate nella casa di mia madre, insieme a ciò che ho lasciato della mia infanzia. Le ho ritrovate qualche anno fa insieme a oggetti e luoghi immutati da allora e accostate a nuove immagini dei miei ritorni in Sicilia, dove sono nata. Il tempo si sovrappone, brucia e inventa, lasciando traccia di vecchie storie.

 

ottobre 2015

 

Foto(en)grammi - E' tutto vero ma non è così
i foto(en)grammi sono immagini plausibili, non vere, comunque composte da quelle che usiamo chiamare ‘immagini vere’ cioè le fotografie.
Dobbiamo chiederci più seriamente cosa significhi ‘vedere’, perché la questione (una questione a sua volta oggettiva, che allarga il discorso alle neuroscienze) non si risolve troppo semplicemente se si pensa ai processi di visualizzazione, significazione e memorizzazione senza i quali non possiamo parlare di ciò che vediamo.  L’immagine dunque è il frutto di una elaborazione mentale e ha addirittura una componente genetica.
A questi processi mentali di significazione e comprensione , all’immagine oggettiva e insieme alle sue componenti soggettive e genetiche è rivolto il mio interesse.   Se è vero che svolgiamo un’attività neuronale estremamente complessa di significazione dell’ambiente reale e che le informazioni visive e acustiche dopo essere state raccolte dagli organi sensoriali sono trasformate in impulsi elettrici ed elettrochimici per essere elaborati del nostro cervello, quanto vediamo , in forma di immagini continue, prospetticamente corrette (precise al punto da informare e indirizzare i nostri movimenti ) non è che una elaborazione della nostra mente.
Le immagini si aggregano seguendo un criterio di risonanza interiore. La composizioni che derivano da questi processi devono essere plausibili, leggibili, la luce e le ombre devono manifestarsi correttamente. Il carattere visivo delle composizioni deve essere mantenuto. Il significato, la simbologia, se esistono, sono da indagare. La spiegazione non è importante. Importante è l’ascolto della logica soggettiva che fa capo alla risonanza e all’immaginazione, il racconto di una scena che scaturisce da echi interiori, ricreando un processo simile alla meccanica del sogni.

 “ segue ...

 

 

 

premio 

 

 

Confini13

 
Le “Fiabe marine” di Luigi Tosti sono un percorso esplorativo di una “nuova geografia visuale” con dimensioni capovolte, dove il bianco non è più assenza, ma protagonismo e gli abbattimenti dimensionali non sono diminuzioni, ma espansioni di infinito. Nuove frontiere dove gareggiano tra loro, realtà e fantasia e dove Luigi Tosti smette di essere fotografo per diventare “Reporter dell’immaginario collettivo”.

 segue ...

 

 

 

 

 

 

premio Confini

Who Art You 2015

Donatella Arione "Find Your Breath"

 

Dalla collaborazione fra Confini e Who Art You 2015 nasce il premio speciale Confini per il lavoro fotografico ritenuto più interessante.

La giuria dopo un’attenta valutazione ha ritenuto significativo e di particolare interesse il progetto Find Your Breath di Donatella Arione.

 

Così l’autrice presenta il suo lavoro: “Find Your Breath” è un progetto fotografico, a camera fissa, composto da una sequenza di cinque autoritratti scattati con cura, e non con poca difficoltà, all’interno di una vasca da bagno.

Tutto questo perché ne sentivo la necessità, volevo esprimere questa sensazione di soffocamento che sentivo dentro di me e intorno a me. Sentivo realmente la necessità di respirare e di dare sfogo a me stessa per liberarmi dall’asfissia quotidiana.

Così, vivendo una sorta di simbiosi con il timer dell’autoscatto della mia reflex per un paio d’ore, ho tentato di dare forma ad una sorta di ciclo che, a mio parere, ci accomuna un po’ tutti. Un ciclo quotidiano, o meno, che  richiede di sforzarti più che puoi per andare sempre avanti, senza sosta, senza fiato. Una sorta di richiesta di accumulo di ossigeno per sopravvivere, tu l’hai fatta la tua scorta? Quanto può durare? Sarà abbastanza? Ed è proprio quando sta per finire che nasce la necessita di “riemergere” e di prendere fiato nuovamente, concedendosi piccoli ritagli utili per “respirare”. E poi? Poi inevitabilmente si ricomincia, con la speranza che la boccata d’aria presa sia stata sufficientemente ampia.

Una metafora, quella di trattenere il fiato sott’acqua, che credo calzi molto bene con questa sensazione che ognuno di noi ha sicuramente provato almeno una volta nella vita. Io l’ho provata e volevo esprimerla con il mio linguaggio: la fotografia. Così ha iniziato a prendere forma nella mia mente questo progetto, che non voleva essere solamente qualcosa di puramente estetico, desideravo una rappresentazione in grado di trasmettere qualcosa che andasse oltre il visibile. Ho scelto il formato quadrato per calcare maggiormente l’attenzione proprio sull’espressione e, di conseguenza, sull’ansia e sullo sforzo che spesso segnavano il volto alla prese con quel ciclo di “sopravvivenza”. Volevo che fossero le immagini a parlare per me, a definire agli altri il mio stato d’animo e, al tempo stesso, volevo che fossero loro il mio respiro e il mio libero sfogo. Così è stato. Ho trovato il mio respiro nell’arte che più amo, la fotografia. “ segue ...

 

 

maggio 2015

Gianmatteo Cirillo "Emotional Landscapes"

 
La percezione è una simulazione ricostruttiva generata dal cervello. Ciò che è percepito è diverso dall'oggetto esterno che rappresenta.
Ognuno di noi percepisce la realtà in maniera diversa, anche da momento a momento, in base al proprio grado di attenzione, ai propri bisogni e alle proprie motivazioni.
Esistono addirittura situazioni in cui la percezione avviene in assenza di stimoli visivi come nei sogni e nelle allucinazioni.
Tutto questo è alla base del progetto Emotional Landscapes.
In contrasto con la rappresentazione oggettiva del paesaggio, dove la scena è omogeneamente illuminata, nitida e a fuoco, questa serie propone visioni volutamente alterate o parziali. Si tratta di visioni emozionali, elaborazioni mentali o impressioni fugaci, non necessariamente integrate dalla visione del “resto”. segue ...


 

aprile 2015

 

Intenzione del progetto è raccontare il mondo femminile attraverso un oggetto solitamente attribuito, per moda o costume, proprio alla donna: la scarpa. Culturalmente e socialmente, infatti, alla scarpa sono associati particolari significati: dalla costruzione dell’identità femminile alla rappresentazione formale di un feticcio, forse più psicologico che reale, e che, sia negli uomini che nelle donne, e con declinazioni diverse, a volte sfocia nell’ossessione.
Il progetto fotografico è in ogni caso volutamente lontano dal luogo comune che vede nella calzatura femminile uno strumento di seduzione. Il mio lavoro vuole partire dalla scarpa quale primo punto di contatto, e forse il privilegiato, con il mondo femminile. Un mondo sfaccettato e multiforme che parla di intimità quanto al tempo stesso di forza, di strumenti di difesa, ma anche di autoaffermazione.
Il risultato è uno specchio, non esaustivo o risolutivo rispetto all’universo “donna”, nel quale è però possibile riflettersi come esseri vulnerabili o come possibili “orizzonti di senso” che vanno al di là dello stereotipo.  ....segue


 

marzo 2015

Aldo Frezza  "la linea sottile"


In pochi luoghi della Terra, come in Islanda, si ha sempre l’impressione di vivere al confine, di muoversi lungo una linea sottile tra due opposti.
Da un lato della faglia tettonica che taglia in due l’isola sei in America, dall’altra sei in Europa.
A distanza di pochi chilometri, passi da terre rigogliose ricche di serre e coltivazioni tropicali a deserti assoluti, mai calcati da piede umano e senza traccia di forme di vita.
Getti di vapore caldo o colate di lava fuoriescono dai ghiacciai, mentre lingue di ghiaccio si tuffano direttamente in mare.
E non sai mai se anche quello che stai vedendo e vivendo appartiene al presente o al passato. Anche la tua visione si muove tra le antiche tecniche fotografiche e le elaborazioni moderne, tra monocromatismo e presenza di colore, tra quiete e dinamismo.
Come muoversi lungo una linea sottile: a volte di qua, a volte di là.  ........ segue


 

febbraio 2015

"Al di fuori del giardino, tutto il verde si trasforma, lo vedo dalla finestra, esco a piedi nudi, cerco un contatto con l'elemento terra e poi l'erba tutt'intorno improvvisamente mi ricopre.."
Il progetto si sviluppa lungo un percorso di ricerca attraverso una serie di scatti fotografici giocati sulla sovrapposizione di ritratti femminili e sfondi della natura. Le trasparenze delle stampe e le fusioni di fotografie producono un effetto a tratti pittorico, surreale. ........ segue


 

 

gennaio 2015

Lo stretto legame tre Dorothy e il Kansas,
lo stesso tra me e casa.
Casa, il dizionario lo definisce sia come luogo d'origine che come uno scopo o destinazione.
Il mio è un continuo andare e tornare.

''Ho cercato mille luoghi con i quali respirare,
e coordinate senza un nome,strade bianche senza impronte.
Orizzonti per i quali nessuno avesse scritto mai.
... .segue
 

 

dicembre 2014

Is beauty a universal language?
Why do we respond to beauty?
What exactly is beautiful? We always fall back on examples; the face of a beautiful girl, but also the lines in the face of a dear friend. But we can never explain why something is beautiful.
All the threads in my work refer to beauty, like the beauty depicted in those Still Lifes of the Dutch Golden Age, where the beauty of a flower was understood as fragile and evanescent.
There was the beautiful picture itself telling us about the fleeting of time, the fading of its colors and the memory of the flowers' prime that shines even when that prime has long been gone.
Somehow this past is always there. Beauty reveals a beauty of a past and of a future that we recognize as memory and hope.
Can we find beauty in just anything?
Do we rely on what we learned through the ages?
One of the most fascinating searches for beauty (and for that of memory and hope and understanding) for me, can be found in the self-portraits of Rembrandt, where every line dives in hidden secrets to be revealed, where chiaro oscuro are there to enlighten en to hide, to reveal a love of life, an aching heart and a pietà with our own fragilility
  ....segue

 

novembre 2014
Giulia Roncucci "Rebus"

La serie che vi presento si chiama REBUS ed è stata realizzata nel biennio 2010-2012. Si tratta di veri rebus (la cui soluzione esiste ma non sarà mai svelata, soluzione che, in alcuni casi, è un ulteriore enigma) realizzati con i seguenti materiali: fotografie che ho scattato a paesaggi, scorci urbani della città di Milano e a soggetti travestiti, vecchie fotografie che appartenevano alla famiglia Rossini-Maranotti (speciali vicini di casa che non sono più in vita e dei quali ho ritrovato un baule pieno di loro fotografie dai primi del '900 ai giorni nostri), ritagli di giornale e miei disegni.
La serie non è nata da una mia passione per il gioco del Rebus, è nata da un'esigenza concettuale che mi ha poi portato ad amare il complicato gioco. L'espediente del rebus mi serviva per diversi motivi: far oscillare il lavoro dalla dimensione di mistero a quella di enigma; mettere una distanza fra significante e significato ponendo il lavoro in una dimensione doppia; costringere l'occhio che guarda in una condizione di attenzione investigativa.
. .....segue

 

ottobre 2014
Giovanni Presutti "Hipsta.Nothing"

“Il fotografare ha instaurato con il mondo un rapporto voyeuristico cronico che livella il significato di tutti gli eventi”. Questo concetto sembrerebbe scritto oggi invece risale a ben 40 anni fa (Susan Sontag – Sulla Fotografia – 1973 – Einaudi), ma nell’epoca degli smartphone lo stesso ha acquisito ancor più forza. Recentemente James Estrin, giornalista e fotografo del New York Times ha posto la questione nel suo NYT blog, "Lens", di quale effetto il moderno "tsunami" della fotografia potrà avere. Estrin parla di miliardi di telefonini muniti di fotocamera che fotografano qualsiasi cosa (cibo, bimbi, cani, tramonti, piedi, opere d’arte, monumenti ed altro), che registrano innumerevoli azioni come se avessero tutte pari importanza. Ogni giorno solo su Facebook vengono caricate più di 380 milioni di fotografie, e Instagram sta crescendo esponenzialmente con 4 miliardi di foto uploadate al luglio 2012. .....segue

 

settembre 2014
Francesco Trucchia "NegACTIVES. Quando il Negativo diventa Attivo"

“NegACTIVES” è una collezione di opere come risultato di un’indagine innovativa e rivoluzionaria sul Processo Fotografico stesso e sul Linguaggio della Fotografia. Il concetto base è quello secondo cui “il Negativo indaga se stesso”. Ribaltando lo stesso processo di sviluppo “negativo/positivo”, partendo da un negativo e ri-fotografandolo con un altro, ne risulta in primis una serie di fotogrammi con l’immagine monocromatica già direttamente positiva sulla pellicola sviluppata( in bianco e nero se con pellicola B/N o con dominante rossa se con pellicola a colori); ma soprattutto si propone un nuovo punto di vista che di fatto trasforma il Negativo Fotografico da “semplice supporto” in “oggetto finale” stesso dell’intero processo fotografico    
   ....segue


 

agosto    2014
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novembre 2013

 

 

ottobre 2013

AQUAAURA  "Frozen Frames"

L’arte non ripete le cose visibili, ma rende visibile. “Paul Klee, Confessione creatrice, 1920” . Questa significativa frase del grandissimo artista svizzero, tra i principali protagonisti del decennio più rivoluzionario del Novecento, estratta dal breve saggio Confessione creatrice pubblicato quasi un secolo fa, è emblematica di un momento storico di straordinario ed irripetibile fermento creativo. Una manciata di anni caratterizzati da enormi stravolgimenti in tutti i campi della creatività umana. Una frase eterna, che si addice proprio e soprattutto alla fotografia, da sempre accusata, sin dalla sua nascita avvenuta verso la metà dell’Ottocento, di essere troppo legata ad una pedissequa duplicazione della realtà. ............. segue

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